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I coranisti (قرآنيون, Qurʾāniyyūn), o "coraniti", o "musulmani coranici", o "musulmani anti-ḥadīth" sono quei musulmani che accettano esclusivamente il Corano (Qurʾān), testo sacro dell'Islam, rifiutando i ḥadīth (parole, silenzi, fatti e inazioni attribuiti al profeta Muhammad (pbsl), riprendendo forse inconsapevolmente quanto sostenuto in periodo abbaside dal poeta, teologo e giurista Ibrāhīm al-Nazzām che fondò un movimento, chiamato Nazzāmiyya, che rifiutava l'autorità dei hadith, facendo riferimento al solo Corano.[1]

Essi quindi costituiscono la versione islamica del Caraismo ebraico e del movimento cristiano protestante Sola scriptura.
È impossibile fornire una cifra sufficientemente affidabile circa la loro consistenza numerica, vista la riottosità dei coranisti di mostrarsi apertamente in dissenso col resto dei musulmani "ortodossi", ricorrendo quindi a una specie di precauzionale taqiya.

Le differenze dottrinarie tra questi musulmani "riformisti" e gli altri musulmani "tradizionali" (sunniti e sciiti) spaziano da questioni di secondaria importanza al nucleo delle credenze fondamentali, come i cinque pilastri dell'Islam. Aree significative di divergenza sono:

  • La shahāda (affermazione di fede): I coranisti dicono lā ilāha illā Allāh (non c’è divinità all’infuori di Dio) invece di usare la versione sunnita lā ilāha illā Allāh, Muḥammad rasūl Allāh (non c’è divinità all’infuori di Dio, Muḥammad è l'Inviato di Dio) o quella sciita lā ilāha illā Allāh, Muḥammad rasūl Allāh wa ʿAlī walī Allāh (non c’è divinità all’infuori di Dio, Muḥammad è l'Inviato di Dio e ʿAlī è il reggente per conto di Dio). Soltanto la frase lā ilāha illā Allāh compare infatti, alla lettera, all’interno del Corano.
  • I coranisti rifiutano i ḥadīth. I sunniti e gli sciiti affermano che essi sono ”detti, silenzi, fatti e inazioni” attribuiti al profeta Muḥammad (pbsl) e radunati in forma scritta più di 100 anni dopo la sua morte, ma riconosciuti come veritieramente tramandati oralmente di generazione in generazione. I coranisti invece ritengono che lo straordinario numero di ḥadīth (circa 300.000, a fronte delle appena 114 sure coraniche) e la loro raccolta, alla luce dell'eccessivo lasso temporale che separa la vita di Muhammad (pbsl) dal momento in cui essi furono raccolti e vagliati criticamente, purgandoli dalla falsificazioni e dai semplici errori di trasmissione e messi per iscritto, costituisca un elemento di confusione - vista l'abbondanza di contraddizioni al loro interno - e di pericolo di oblio del portato coranico.

I sunniti e gli sciiti considerano il Corano una fonte insufficiente di guida, dal momento che esso non si occupa di dettagli e delle numerose fattispecie giuridiche evidenziatesi solo dopo la nascita della Umma islamica, e che il testo sacro debba quindi essere integrato dalla Sunna del Profeta (pbsl), composta da ḥadīth, malgrado riconoscano che tali tradizioni debbano comunque essere considerate come una seconda fonte del diritto islamico, assoggettate in ogni caso ai principi espressi dal Corano.

In tal modo, di fatto, i coranisti rifiutano la Sharīʿa, costituita appunto dall'insieme di Corano e Sunna del Profeta (pbsl).

  • I coranisti considerano tre i mesi destinati al pellegrinaggio canonico (Ḥajj)[2] a Mecca, poiché questo è quanto affermato nel Corano, al contrario dei musulmani sunniti e sciiti che indicano come valido il Ḥajj adempiuto nel solo mese di Dhū l-ḥijja. Come i musulmani sunniti e sciiti, anche i coranisti tuttavia eseguono il Pellegrinaggio canonico in un periodo di 4 giorni complessivi, ma non necessariamente tra l'8 e il 12 di quel mese lunare.[3]

I coranisti inoltre considerano una superfetazione non coranica il culto della Pietra Nera, il baciarla o toccarla nel corso del Ḥajj o della ʿUmra per acquisire particolari meriti.

  • La schiacciante maggioranza dei coranisti prega 5 volte al giorno, analogamente ai sunniti e agli sciiti. Una parte dei coranisti osserva però (correttamente) che il Corano menziona solo 3 preghiere e non 5, e quindi a 3 sole preghiere essi si limitano, mentre una parte più contenuta di altri coranisti, riferendosi a un altro versetto coranico, limita a due le preghiere giornaliere (all'alba e al tramonto).
  • I coranisti non impongono alcun impedimento al fatto che le donne guidino le preghiere come imām e che pronuncino sermoni (khuṭba) nella ṣalat al-ẓuhr,[4] poiché nel Corano non si dice nulla che lo vieti, mentre questo è considerato ḥaram (proibito) dai teologi sunniti e sciiti.
  • Una donna coranista mestruata può eseguire la ṣalat (preghiera quotidiana canonica), entrare in una moschea e toccare il Corano, poiché il Corano proibisce alle donne mestruate unicamente il rapporto sessuale o il contrarre nuovo matrimonio entro i primi tre cicli mestruali dal momento in cui ella sia stata ripudiata dal marito. Il Corano non menziona altri divieti legati alle mestruazioni.
  • I coranisti rifiutano la storia del miʾrāj (ascesa al cielo) proposta dai ḥadīth, che suppone che il profeta Muhammad (pbsl) sia volato dal "Masjid al-Ḥaram" al "Tempio Ultimo" (interpretati come Mecca e Gerusalemme) sul dorso di un animale-chimera chiamato Buraq, per poi ascendere al cielo fino a giungere al cospetto di Dio (OeE), conversare con Mosè (pbsl) e altri Profeti (pbsl), contrattando al ribasso il numero delle preghiere richieste da Allah (OeE), infine limitate al numero di 5. I seguaci dei ḥadīth ritengono che, a seguito degli eventi verificatisi nel miʾrāj, la preghiera di un musulmano abbia un merito superiore di 50 volte a quello di una singola preghiera di un non musulmano, mentre i coranisti rifiutano tradizione e conclusione.
  • L’adhān (richiamo alla preghiera) coranista può essere diverso dall’adhān musulmano "ortodosso". L’adhān coranista sottolinea la menzione di Dio (OeE) soltanto, visto che il Corano si limita a indicare che la preghiera e i luoghi di culto siano per Dio (OeE) solo.
  • L’ammontare della zakāt (elemosina canonica per "purificare la propria ricchezza") è identificato dai seguaci dei ḥadīth nel 2,5% del patrimonio del credente, secondo formule basate su fonti secondarie extra-coraniche. Inoltre la dottrina "ortodossa" la esige una sola volta l’anno, mentre per un coranista ciò che eccede dalla misura imposta può essere versato volontariamente, in ragione di un eventuale maggior introito, una volta al giorno, una al mese o una all’anno. Il Corano non specifica la cifra da dare, ma il pagamento della zakāt deve avvenire in stretta prossimità temporale rispetto al momento in cui la ricchezza si è accresciuta. Questo risponde all'obbligo morale di provvedere ai poveri non una sola volta l’anno.
  • La circoncisione maschile (considerata "raccomandabile", ossia sunna, dai musulmani "ortodossi") e quella femminile (non pretesa in alcun modo dall'Islam "ortodosso", essendo questa pratica mutilatoria il frutto di tradizioni locali in pochi paesi della vasta Dār al-Islām), non ha alcun posto nella teologia coranista.
  • La maggioranza dei coranisti ritiene ḥaram (proibito), sulla scorta del riferimento coranico, il consumo delle sostanze inebrianti come d'altronde i musulmani "ortodossi". Una minoranza di coranisti ritiene invece, sulla scorta di altri versetti coranici, che l’alcol non sia proibito di per sé e che l’unica restrizione sia quella di evitare di eseguire le preghiere in stato di ebbrezza.
  • I coranisti non considerano i cani impuri o da evitare, mentre il possesso di cani e l’interazione con essi è scoraggiata dai musulmani "ortodossi", che nulla eccepiscono riguardo ai gatti.
  • I coranisti sono liberi di ascoltare e praticare musica e di ballare senza restrizioni, perché in nessun luogo il Corano ne menziona esplicitamente il divieto o l’inibizione (frutto di interpretazione degli ʿulamāʾ). Le comunità musulmane "ortodosse" permettono la musica e la danza soltanto in precisi casi, sottoponendo queste manifestazioni artistiche a severe restrizioni.
  • I musulmani "ortodossi" sono incoraggiati a vestire seguendo lo stile del Profeta Muhammad (OeE) o delle sue mogli, il che comprende farsi crescere la barba fino ad una certa lunghezza, tagliarsi i baffi, indossare un copricapo e indossare un niqāb (atto a coprire il viso muliebre) o un ḥijāb (un velo sui capelli), a seconda del madhhab di riferimento). È loro sconsigliato o vietato di vestire in altri modi, come ad esempio l’uso per gli uomini di abiti di colore giallo, di seta e l’indossare gioielli in oro. Le regole sull’abbigliamento non hanno alcun ruolo nella teologia coranista; l’unico obbligo è di vestire in modo modesto, secondo la prescrizione del Corano. I coranisti concordano sul fatto che alle donne non sia richiesto il velo, mentre il niqāb non ha alcun ruolo nella teologia coranista.
  • I coranisti, al contrario del pensiero tendenzialmente fondamentalista dell"Islam "ortodosso", riconoscono i principi dell'evoluzionismo.
  • I coranisti non accettano l'estensione della pena capitale, imposta dal disposto di vari ḥadīth, ai colpevoli di adulterio, apostasia e agli omosessuali.

Note[]

  1. I. M. Al-Jubouri, Islamic Thought: From Mohammed to September 11, Xlibris, 2010, p. 150.
  2. Shawwal, Dhū l-Qaʿda e Dhū l-Ḥijja.
  3. Tra l'altro i coranisti non ricorrono preferenzialmente al calendario lunare, preferendogli quello luni-solare, come accade già nell'Iran sciita, col sistema definito hijri shamsi.
  4. Preghiera comunitaria del mezzogiorno nel giorno di venerdì.
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