Il hanbalismo è un madhhab (scuola giuridico-religiosa islamica) che all'interno del sunnismo si occupa delle problematiche connesse alla Legge Coranica. È stato fondato da Ahmad ibn Hanbal (Baghdad, 780-855), il quale si opponeva in modo radicale a qualunque forma di intromissione della ragione umana - ritenendola arbitrariamente soggettiva - nell’interpretazione delle due fonti primarie dell’Islam, Corano e Sunna.
I suoi epigoni - fra cui si ricordano in particolare Ibn Taymiyya e Ibn Qayyim al-Jawziyya - accentuarono quella che era inizialmente un'intransigenza tecnica e morale, traducendola in uno stile di vita severo e finanche ascetico (al hanbalismo appartenne uno dei dotti che formarono la Sunna, Abu Dawud al-Sijistani e il fondatore della Qādiriyya, tuttora la più diffusa confraternita mistica - tariqa - islamica: ʿAbd al-Qādir al-Gīlānī).
Tutti, a diverso titolo, furono caratterizzati da un coerente rifiuto dell’intellettualismo teologico.
Tra i più recenti hanbaliti va infine annoverato Muhammad ibn ʿAbd al-Wahhāb (XVIII secolo), fondatore del Wahhabismo, che ispirò il movimento che s'impadronì delle regioni peninsulari arabe e che contribuì non poco alla formazione della moderna Arabia Saudita.
Bibliografia[]
- I. Goldziher, "Zur Geschichte der ḥanbalitischen Bewegungen", su ZDMG, 1908, pp. 1-28.
- The Encyclopaedia of Islam, I ed., s.v. «Aḥmad ibn Ḥanbal» (Ignaz Goldziher).
- The Encyclopaedia of Islam, II ed. s.v. «Aḥmad ibn Ḥanbal» (Henri Laoust).