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Il termine gin[1] IPA [ʤin:] (جِنّ ǧin), al plurale ginni (جني ǧinnī), spesso tradotto come genio, goblin o folletto, indica, nella religione preislamica e in quella musulmana, un'entità soprannaturale, intermedia fra mondo angelico e umanità, che ha per lo più carattere maligno, anche se in certi casi può esprimersi in maniera del tutto benevola e protettiva.

L'etimologia della parola è stata a lungo discussa. Alcuni studiosi fanno derivare il gin dal Genius della mitologia romana, altri dalla radice linguistica aramaica che significa "nascondersi, occultarsi". È da notare inoltre come il termine stesso si avvicini foneticamente a Gehenna, il luogo infuocato immaginato dall'Ebraismo dove le anime cattive sarebbero state purificate.

Storia[]

In età preislamica (jāhiliyya) i ginni erano accreditati di notevole potenza, quasi sempre in grado di esprimere una devastante e spesso mortale cattiveria. Gli storici della religione islamica credono che tali entità fossero direttamente ricollegabili all'ostilità dell'ambiente fisico in cui vivevano gli Arabi della Penisola Arabica, tanto sedentari quanto nomadi (beduini), senza in alcun modo rifarsi a modelli allogeni.

Di tutti i ginni i più crudeli erano i ghūl, spesso resi in traduzione col termine "orco" per rifarsi a contesti occidentali noti attraverso la fiabistica; ma non meno crudeli nel tendere tranelli ai viaggiatori, in genere per ucciderli, erano gli ʿafārīt (al singolare ʿifrīt), le siʿlāt, la qutrūba, il mārid, il mārij. Relativamente innocuo era invece considerato l'ʿāmir. Tutti i ginni erano in grado di presentarsi sotto molteplici aspetti esteriori, dal momento che loro caratteristica generale sarebbe stata e rimarrebbe la loro estrema mutevolezza e la loro totale inafferrabilità.

L'islam accetta l'esistenza dei ginni, anche se ne disattiva pressoché tutte le potenzialità malefiche principali, limitandole a un fastidio più o meno accentuato.
Secondo la cultura islamica esistono anche ginni buoni e in grado di beneficare l'essere umano. Ciò perché, già all'epoca del profeta Muhammad, alcuni ginni si sarebbero convertiti all'islam ascoltando le parole rivelate dal Profeta stesso.

Un tipico esempio di gin è quell'essere che, nella favolistica collegata alle Mille e una notte, Aladino libera da una lampada, al cui interno è rimasto prigioniero, in cambio dell'accoglimento di tutti i suoi desideri. Nelle fiabe, in logico collegamento a una diffusa credenza non solo islamica, un totale potere sui ginni sarebbe stato espresso a suo tempo da Salomone (in arabo Sulaymān) che è considerato come uno dei più grandi profeti precursori di Muhammad.

Nel Corano è scritto che i ginni si originarono all'inizio dei tempi, come tutte le altre creature, grazie all'intervento di Allah. Essi, a differenza degli umani che avrebbero natura di terra e degli angeli la cui natura sarebbe di luce, ebbero origine dal fuoco. Ai gin, secondo lo stesso Corano e i trattati di demonologia islamici, apparterrebbe Iblis: termine certamente adattato dal greco diàbolos per indicare Satana (che, peraltro, viene chiamato Shaytān).

I modernisti islamici hanno tentato di adattare la fede nei ginni al portato della moderna scienza e qualcuno (come Muhammad ʿAbduh) ha ipotizzato che batteri e microbi non fossero ad esempio altro che ginni, in grado di produrre talora risultati fatali sul corpo umano, ma tale "lettura" non ha incontrato grande favore fra i credenti musulmani.

Il gin nella cultura di massa[]

La figura del gin, più spesso sotto il nome di genio, è stata ripresa diverse volte nell'ambito del cinema e della televisione, così come delle opere letterarie. Esempi lampanti sono il Genio del film d'animazione Disney Aladdin e lo stregone Jafar, il quale si avvicina molto alla natura primitiva del gin stesso, malvagia e in diretto legame col fuoco. La figura del genio è presente anche in Zio Paperone alla ricerca della lampada perduta, così come nelle serie televisive Due fantagenitori (nella figura di Norm il Genio), Un genio sul divano e Strega per amore. In alcuni casi la figura del genio ha assunto anche parte dei suoi originali risvolti negativi, come nel caso del film horror Wishmaster - Il signore dei desideri e Red Sands - La forza occulta.

Anche nella serie Supernatural appaiono ginni con intenti ostili, e anche nel film Long Time Dead.

Il nome della protagonista del telefilm Strega per amore, Jeannie, è un diretto riferimento al termine gin.

Più di recente sono apparsi nel film Scontro tra titani, uscito nell'aprile 2010, dove sono chiamati djinns ("dj" è uno dei modi dell'inglese di rendere il suono della "g", vedi Django), anche se l'aspetto e le caratteristiche sono piuttosto differenti dal mito classico.

Nella Trilogia di Bartimeus di Jonathan Stroud un gin è uno dei cinque spiriti più forti; gli altri sono ʿafārīt (al singolare ʿifrīt), mārid, foliot e folletti.

Nel videogioco Prince of Persia: Le sabbie dimenticate uscito nel maggio 2010, i ginni sono creature di forma umana alleatesi con re Salomone per sconfiggere Ratash, un ʿifrīt malefico, rinchiudendo la sua armata in una roccaforte persiana. Durante il gioco Razia, l'ultima regina gin, aiuta il principe a combattere l'esercito di Ratash liberato da suo fratello.

Nella serie di videogiochi Golden Sun, sviluppata da Nintendo e Camelot, i ginni sono creature elementari benevole che aiutano i protagonisti nei combattimenti, e possono inoltre essere trovati e collezionati lungo il viaggio.

Nel videogioco Uncharted 3: L'inganno di Drake, il protagonista, Nathan Drake, è alla ricerca della mitica città di Ubar, nel deserto arabo del Rub' al-Khali, nei cui abissi Salomone gettò i gin rinchiusi dentro un recipiente di ottone, dopo che questi erano diventati malvagi. Una volta scoperta l'ubicazione e raggiunta la città, il giocatore dovrà affrontare degli esseri umani, i cui corpi, una volta uccisi, verranno posseduti da dei demoni di fuoco (ʿafārīt), rendendo necessario uccidere una seconda volta il nemico. Secondo il gioco anche Sir Francis Drake e T.E. Lawrence, anche conosciuto come "Lawrence d'Arabia", cercarono di trovare la città per impossessarsi del potere dei ginni, il primo inviato da John Dee ed Elisabetta I.

Bibliografia[]

  • Abū ʿAbd Allāh Muhammad al-Shiblī, Ākām al-murjān fī ahkām al-jānn, Beirut, Dār al-qalam, 1988.
  • Jalāl al-Dīn al-Suyūtī, Laqat al-murjān fī ahkām al-jānn, Il Cairo, Maktabat al-turāth al-islāmī, s.d.
  • Zakariyā ibn Muhammad al-Qazwīnī, ʿAjāʾib al-makhlūqāt wa gharāʾib al-mawjūdāt, Beirut, Dār al-albāb, s.d.
  • Kamāl al-Dīn al-Damīrī, Hayāt al-hayawān al-kubrà, Beirut, Dār al-albāb, s. d. (in margine, come di consueto, ad al-Qazwīnī).
  • Al-Jāhiz, Kitāb al-hayawān, ed. Hārūn, Il Cairo, Mustafā al-Bābī al-Halabī, 1967.
  • Virginia Vacca, "Appunti su un trattato arabo di ginnologia", in: Studi e materiali storici e religiosi (Studi in onore di Alberto Pincherle), 38 (1967), II, pp. 646–54.
  • Claudio Lo Jacono, Di alcune particolarità dei "ĝinn", in: Un ricordo che non si spegne. Scritti in memoria di Alessandro Bausani, Napoli, Istituto Universitario Orientale, 1995, pp. 181–204.

Note[]

  1. Talvolta scritto jinn o djinn, calcando rispettivamente la grafia inglese o quella francese.

Voci correlate[]

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